venerdì 6 novembre 2009

De Fauw, muore un altro ciclista

Bruxelles (Belgio) 6 novembre- Un'altra morte segna il mondo del ciclismo belga e non solo. Ancora non si è spento il ricordo della morte del ciclista Vandenbroucke trovato senza vita in circostanze ancora da chiarire. Si parla di suicidio per il 28 enne De Fauw, vittima di crisi depressive negli ultimi anni.

Dimitri De Fauw, pistard belga di 28 anni si è tolto la vita a pochi giorni dalla sua apparizione alla Sei Giorni di Grenoble, alla quale aveva preso parte insieme al danese Marc Hester. Il gesto viene attribuito alla depressione che il ciclista si portava dietro dal 2006, perchè durante la Sei giorni di Gand aveva causato involontariamente la morte di Galvez. Infatti lo spagnolo dopo un contatto col belga cadde battendo contro una balaustra e morì per le lesioni subite. De Fauw ha portato con se il senso di colpa, fino al momento del gesto estremo. De Fauw nel 2004 e nel 2005 aveva corso su strada con la quick step.

La Morte di VDB

Bruxelles (17 ottobre 09)- Il suicidio di De Fauw si aggiunge alla scomparsa di Frank Vandenbroucke il corridore belga trovato senza vita in una camera di albergo in una località di vacanza in Senegal. Secondo l'autopsia svolta da un medico legale senegalese il corridore sarebbe morto per una doppia embolia polmonare aggiunta ad una patologia cardiaca preesistente. La magistratura senegalese ha dato l'ok per il rimpatrio della salma. Per gli inquirenti dunque si tratta di morte naturale e non ci dovrebbero essere conseguenze per la donna senegalese che ha passato l'ultima notte col ciclista e che aveva rubato il portafoglio e i cellulari dell'atleta. Durante il primo esame di un altro medico legale si evidenziavano nel referto la presenza di diverse iniezioni al braccio sinistro. Inoltre nella camera gli inquirenti hanno trovato una siringa, alcol e medicinali vari. Il corridore soffriva da tempo di crisi depressive e aveva già tentato il suicidio.

Continua a leggere...

mercoledì 28 ottobre 2009

Giro 2010, un po’ per tutti (tranne che per il Sud)

Ritorno!
Eccoci di nuovo tra voi, assenti dal 2 agosto, cercheremo di rimonitorare il panorama dei pedali con maggior costanza compatibilmente con gli impegni lavorativi (pfui!) e universitari della triade Madapa.

Presentato il Giro 2010.
L’occasione per il gran rientro la offre la presentazione del Giro di Italia 2010. Archiviata l’edizione del Centenario, emozionante più nell’epilogo (caduta di Menchov durante l’ultima crono a Roma) che nelle centinaia di chilometri percorsi, il Giro, nelle intenzioni degli organizzatori torna ad offrire tappe in grado di mettere d’accordo scalatori, velocisti e gli amanti delle fughe da lontano. Previsti 3418km distribuiti su 21 tappe. La più lunga l’undicesima Lucera-L’Aquila 256 km. Tornano le montagne storiche: Zoncolan, Mortirolo, Aprica e la Cima Coppi fissata sul Gavia. Da non perdere la cronoscalata di Plan de Corones.
Giro di Italia, ancora fuori gran parte del Sud. Partenza da Amsterdam.
L’analisi parte con l’apertura del Giro che vedrà la carovana Rosa partire dal territorio pianeggiante olandese( per molti chilometri si viaggerà sotto il livello del mare), Amsterdam sarà il punto di riferimento per le prime tre giornate del Giro. Ora visto che la corsa si chiama Giro d’Italia e come sempre al Sud le tappe sono poche, non era meglio organizzare qualche tappa in più in regioni come Calabria, Basilicata e Sicilia quasi sempre tagliate fuori dal programma? La piana del Tavoliere cosa ha da invidiare ai dintorni di Amsterdam? Non per fare del facile campanilismo, ma quando arriva il Giro è una festa e allora perché denominarlo Giro di Italia e fermarsi a Bitonto (territorio più a Sud)? Per fortuna per il sottoscritto (Pa della MADAPA) i girini transiteranno lungo la Casilina all’altezza del bivio tra Sparanise e Calvi Risorta (Tappa 9, 17 maggio (onomastico di PA) Frosinone-Cava dè Tirreni) e quindi assisterà al rituale nazional popolare del passaggio del Giro, ma saranno tantissimi a non poter provare tale gioia. Per Zomegnan l’Italia termina a Bitonto.

Partenza Orange.
Si parte l’8 maggio in Olanda. Crono individuale per le strade di Amsterdam per decretare la prima Maglia Rosa. Poi prima del ritorno in Italia altre due tappe nel Paese dei tulipani, sempre con partenza da Amsterdam, prima si arriverà ad Utrecht (città universitaria), poi Middelburg. Tappe per velocisti, si corre al di sotto del livello del mare, ma il vento che soffia dall’Atlantico potrebbe movimentare la corsa. Attenzione ai ventagli.

Ritorno in Italia.
Il Giro per la quarta tappa torna a casa. Cronosquadra Savigliano-Cuneo 32,5 km contro il tempo. Percorso rettilineo, 270 metri di dislivello, percorso da compiere in meno di quaranta minuti. Quinta tappa Novara-Novi Ligure (168km), tappa dedicata al Campionissimo Fausto Coppi a 50 anni dalla sua morte. Primi Gpm. Tappa per velocisti, ma attenzione agli attaccanti che potrebbero muoversi per la prima volta sulle strade del Giro. Fidenza-Carrara è la sesta tappa di 166km anniversario dei 50 anni della vittoria di Anquetil. Si attraversa l’Appennino, pensiero stupendo per gli attaccanti. La settima tappa esalta i corridori resistenti. Nei 215 km della Carrara- Montalcino saranno presenti due tratti di sterrato: strade bianche e crete senesi negli ultimi 30 km a Buon convento e Poggio Civitella. Per uomini da classica? Omaggio a Gino Bartali a dieci anni dalla sua morte. La settimana si chiude col botto. Ottava tappa Chianciano Terme-Terminillo 189 km. Primo arrivo in salita, stadio naturale come lo Zoncolan. Pendenza max 12%, si sale per 18km per arrivare ai 1672 metri del Terminillo, capiremo chi è in forma per vincere il Giro e chi no.

La seconda settimana tocca le tappe più al Sud del Giro.
La seconda settimana inizia con la tappa Frosinone-Cava dè Tirreni 188km è la tappa del trio Madapa, tocca le regioni di residenza del trio. Tappa per velocisti. Omaggio a Gino Palumbo ex direttore Gazzetta dello Sport. Finale in lieve pendio. L’Abbazia benedettina nel 2010 dichiarata patrimonio dell’Unesco. La Decima tappa tocca il punto più a Sud con Bitonto. Escursione tra gli ulivi, avvio tortuoso in Irpinia, ma l’arrivo è per i velocisti dopo il circuito a Bitonto. La Lucera- L’Aquila è la più lunga. Saranno 256 i km, si arriverà tra le popolazioni terremotate. Toccate le salite Roccaraso e Rionero, prima di arrivare a L’Aquila.Il Giro di Italia proverà a risollevare il morale di quelle popolazioni. Si risale la penisola sulla costiera adriatica, arrivo in circuito a Porto Recanati ancora un banco di prova per uomini veloci. La tredicesima tappa arriva a Cesenatico dopo 222km a casa di Marco Pantani, dopo una deviazione dalla costa verso l’interno con qualche asperità intorno a San Marino. Tappa numero quattordici da 201 km, monte Grappa con pendenze del 14% a meno di 50km dal traguardo, salita che incide più sulle gambe che sulla classifica, possibilità di fuga, l’arrivo è ad Asolo, si riscende dopo aver toccato la vetta del Grappa. La settimana si chiude con la Mestre- Zoncolan 218 km. Dopo tre salite impegnative, dal versante più ostico si affronta lo Zoncolan per circa 6km con una pendenza media del 14, 5% con punte del 22% fino a raggiungere i 1730m. Arrivo di domenica e si prospetta un grande spettacolo di pubblico.

La settimana della verità: la terza.
Dopo lo Zoncolan giornata di riposo poi la cronoscalata individuale di Plan De Corones (12,9 km). Ultimo a trionfare Franco Pellizzotti ed è riproposta in fotocopia. Arrivo ad oltre 2200 su sterrato trattato chimicamente pendenza max 24%. Media sterrato 10,2%. Scalatori daranno spettacolo, tappa fondamentale per la classifica. Poi la diciassettesima tappa da Brunico a Peio Terme. Per attaccanti con Passi che inviteranno ad attaccare e ad ingaggiare battaglia. Arrivo in lieve salita. La diciottesima tappa arriverà a Brescia per la settima e ultima chance per i velocisti superstiti. Relativa tregua prima del gran finale.

Gran Finale: due arrivi in salita e crono finale.
Celebrazione per ricordare la strage di Piazza della Loggia alla partenza della Brescia-Aprica. Si inizia con la salita di Santa Caterina con pendenze al 14%, picchiata verso la Valtellina e poi Mortirolo, ma si scenderà verso l’Aprica, non piazzato nel finale potrebbe far meno male del previsto. Ultima tappa di montagna con la Bormio-Ponte di Legno Tonale. Tappa più impegnativa.Passo Gavia fatto al contrario con i 2600 metri e Cima Coppi. Poi picchiataa valle e salita verso il Passo del Tonale, forse l’arrivo decisivo.
Finale della crono con arrivo all’Arena di Verona.

I Protagonisti
Ci saranno gli scalatori. Dubbia la presenza di Andy Schleck, in forse anche Mark Cavendish. Rientra Bennati. Soprattutto Zomegnan non esclude una chance a Riccò e Sella come fu data a Basso l’anno scorso. Chi metterà le mani sulla Maglia Rosa? Dall’8 maggio inizia l’avventura per la 93esima volta.

Continua a leggere...

domenica 2 agosto 2009

Ecco l'Hematide, il doping anticontrollo

La confessione può essere di quelle che lascerà il segno: secondo Ivano Fanini, patron del team ciclistico 'Amore&Vita', «C'è un nuovo tipo di doping che sfugge ai controlli». Dopo il Cera è arrivato il turno dell'Hematide... Poco più di 12 mesi fa il Cera, detto anche "Epo di terza generazione", entrava prepotentemente nell'immaginario collettivo sportivo come la nuova sostanza dopante per eccellenza. Ne hanno fatto le spese dapprima Riccardo Riccò e Leonardo Piepoli, più recentemente Danilo Di Luca, passando per numerosissimi altri atleti di diverse discipline, ultimo dei quali Mikel Astarloza. Negli ultimi tempi il numero dei 'colpevoli' è comunque diminuito, ma il patron della squadra ciclistica Amore&Vita, Fanini, ritiene che: «C'è un nuovo tipo di doping che sfugge ai controlli - ha dichiarato il 58enne toscano -. Si chiama Hematide e, secondo il tam-tam dei corridori, sta già circolando in gruppo, specie ad alto livello. E' un'Epo che va oltre il Cera e che, secondo quanto si sa, sarebbe già inserita nei prodotti vietati della lista Wada, ma non esiste ancora un test in grado di rilevarla». Lo stesso Fanini si è dichiarato preoccupato, soprattutto dopo la morte di un dilettante toscano, il 23enne Fabio Fazio, e la positività di uno dei corridori più promettenti del panorama ciclistico italiano, il 18enne Eugenio Bani. «Bisogna fare pulizia e ripartire con regole nuove che non guardino in faccia a nessuno - ha sottolineato Fanini -, altrimenti i morti non si fermeranno qui». Un commento che non lascia scampo certo all’immaginazione.

Continua a leggere...

La mamma di Pantani: "Riaprite l'inchiesta sulla morte di mio figlio"

Il grido arriva direttamente da Tonina Pantani, la mamma di Marco Pantani vuole sapere la verità. Il campione romagnolo, trovato morto nel residence 'Le Rose' di Rimini il 14 febbraio 2004 in circostanze sospette, da subito è stata avvalorata l’ipotesi di overdose da cocaina. Da subito, secondo la mamma del campione, ci sono stati dei fatti che non tornano, ed ora nuovi particolari sembrerebbero coinvolgere l'ex-fidanzata storica del Pirata, Christine. Secondo le prime ipotesi Marco Pantani avrebbe lasciato un biglietto riportante i nomi delle persone che avrebbero agito contro di lui.
Così a cinque anni abbondanti dalla scomparsa del ciclista, emergono nuovi particolari che hanno spinto la mamma del Pirata Tonina, a chiedere la riapertura dell'inchiesta. All'interno di una intervista rilasciata al settimanale "Vivo", Tonina rivela che Marco ha «Lasciato degli scritti in cui fa nomi e cognomi», tra cui anche quello della ex fidanzata Christine, che avrebbe fornito la droga allo stesso Pantani.
La madre dell’ex ciclista della Mercatone Uno, non crede, anzi, non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio: «Se è vero come c'è scritto lì, che era lei a dargli quella roba, mi sono sentita in dovere di andare in Procura e far vedere tutto. Chiedo di riaprire l'inchiesta sulla morte di mio figlio, perché la verità potrebbe essere molto vicina. Ho sempre manifestato la mia convinzione che mio figlio sia stato ucciso, che fin da Campiglio (quando a Pantani venne riscontrato un tasso di ematocrito pari al 52%, due punti percentuali oltre il limite, ndr) che ci fosse un complotto contro di lui, e le tante mancanze nelle indagini sulla sua morte fanno pensare ad una leggerezza, se non a una manchevolezza. Anche in Procura ho messo in evidenza soprattutto quello che ha detto Renato Vallanzasca, boss della Comasina, quando in carcere venne invitato a scommettere sul vincitore del Giro e disse che sicuramente non sarebbe stato Pantani».
«Probabilmente – conclude - furono anche le cattive amicizie che lo spinsero verso la droga e a isolarsi negli ultimi giorni di vita nel residence dove fu poi trovato morto. Gli hanno detto di prendere queste cose perché gli facevano bene. Poi è finito nel tunnel e non è riuscito più ad uscire». Fiduciosa sull'esito delle indagini: «La verità potrebbe essere molto vicina» ha concluso.

Continua a leggere...

sabato 1 agosto 2009

Astarloza positivo, Riccò squalifica prolungata

Ancora una volta dobbiamo soffermarci del fenomeno del doping nel ciclismo. Questa volta in soli pochi giorni sono ben due le notizie che si intrecciano con il mondo delle due ruote.

ASTARLOZA TROVATO POSITIVO – Dopo il nome illustre di Danilo Di Luca, questa volta a finire nella famigerata trappola del Cera (Epo di terza generazione) è il vincitore della 16a tappa del Tour MIkel Astarloza della Euskaltel-Euskadi. Il corridore è già stato sospeso dall'Uci a seguito della sua positività in un controllo a sorpresa del 26 giugno. Ora si attendono, come di consueto, le controanalisi. Il 30 enne corridore basco ha chiuso il Tour de France all'undicesimo posto della generale, vincendo in solitaria la 16a tappa da Martigny a Bourg-Saint-Maurice, frazione in cui si era reso protagonista anche il nostro Franco Pellizotti. Se l'esito delle controanalisi dovesse essere confermato (come quasi sempre accade), Astarloza, come Riccò, verrà squalificato per due anni.

RICCO’ SQUALIFICATO ALTRI 4 MESI
- Riccardo Riccò, risultato positivo ad un controllo antidoping nel Tour 2008 al Cera, si è vista prolungata la sua squalifica da parte dell’Unione Ciclistica Internazionale. Il ciclista era stato dapprima sospeso a due anni, pena poi ridotta a venti mesi (avrebbe ricominciato a correre a marzo 2010), invece L’Uci ha deciso di allungare la squalifica di altri quattro mesi al corridore modenese. Lo scalatore, passato dalla Saunier Duval al Team Flaminia, potrà ricominciare a correre dal 17 luglio 2010. Lo scorso anno, durante la Grande Boucle Riccò al momento del controllo occupava la nona posizione in classifica generale e vestiva due maglie: quella bianca di miglior giovane e quella a pois di miglior scalatore della corsa.

Continua a leggere...

lunedì 27 luglio 2009

"L'Italia del Giro d'Italia"

L'idea del libro di Daniele Marchesini (professore di Storia contemporanea dell'Università di Parma) è quella di delineare uno scorcio di storia d'Italia attraverso la storia subalterna della manifestazione principe del ciclismo italiano, il Giro. Non si parla di imprese o di albi d'oro, cioè se ne parla ma in modo riflesso, perché anche quei dati e quelle statistiche sono documenti che si intrecciano con la storia del nostro Paese. Ma se ne parla proprio inserendoli all'interno di un contesto ben più ampio e sfaccettato da interpretare. Anche l'epopea dei «forzati della strada» diventa un indizio ulteriore da inserire sulla via della decifrazione della mappa della Storia. Marchesini ricorda che l'avvento del velocipede (come si battezzò la bicicletta nell'italiano di fine Ottocento) fu fra i principali segni prodotti e fra le principali molle dell'avvio dell'incipiente società di massa («Scandalo! E fu ciclismo», così titola ad esempio uno dei primi capitoli di quella che è la più importante opera sul ciclismo pedalato dell'editoria italiana che conosco, l'Enciclopedia Illustrata del Ciclismo in quattro volumi della De Agostini). Il ciclismo marcò infatti l'avvio della produzione su larga scala di mezzi meccanici con il conseguente formarsi di un mercato nazionale e incentivò della pari anche le prime grandi forme di partecipazione e di mobilitazione di massa. Il Giro d'Italia, poi, è stato l'istituzione regina espressa da questo movimento e in quanto istituzione, è stato, come scrive giustamente Marchesini, uno dei pochi saldi punti di riferimento per un popolo che ancora stentava a sapere dove stesse la sua identità nazionale. La Corsa Rosa è un'istituzione, fa parte della storia e dell'identità del Paese e nella vicenda del Giro davvero si rispecchia l'evoluzione sociale ed economica dell'Italia. Con una minuziosa attenzione non solo alle cronache, ma anche alle innovazioni tecniche, al contorno pubblicitario, persino ai gadget (dalle figurine agli indimenticabili tappi a corona con l'immagine dei corridori) che alimentano la passione e la mitologia popolare, l’autore offre al lettore una narrazione di sorprendente spessore storico che illumina molti ed essenziali aspetti della società italiana contemporanea. Un capitolo finale, di particolare attualità, ripercorre la storia del doping nell'evoluzione del ciclismo italiano dalle origini a oggi. Intorno alla scansione annuale dei giri viene perciò ricostruita in questo lavoro una vicenda complessa, fatta di industrializzazione e di innovazioni tecnologiche, di costumi popolari e di forme di organizzazione sociale stridenti tra loro, di crescente comunicazione (dalla stampa alla pubblicità) e di migliorata alfabetizzazione con i ceti popolari impegnati a erudirsi su La «Gazzetta dello Sport». Perfino il riassetto delle rete stradale passò attraverso le esigenze della grande corsa in bicicletta. Se il Giro ha risentito del contesto in cui è vissuto, ha pur contribuito a lasciarvi una traccia. La sua forte rilevanza sociale è indubbia, come è indubbia quella più specificamente politica. Al Giro viene di volta in volta assegnata una funzione patriottica diversa per cementare i nuovi confini: la corsa che fa tappa a Trento e a Trieste nel 1919, un'apertura al Sud e alle isole negli anni più crudi della questione meridionale, l'apertura verso l'Europa (e il Belgio, addirittura) negli anni in cui si inizia a parlare di MEC e di Merckx. Lo spirito nazionalistico, unito all'orgoglio autarchico, sottopose anche il Giro d'Italia al massiccio uso politico che il fascismo fece dello sport, pur se il ciclismo troppo plebeo e poco confacente con i modelli dinamici di modernizzazione predicati dal Duce e dal Futurismo non risvegliò mai del tutto gli interessi di Mussolini. Grande funzione politica il ciclismo l'ebbe di nuovo negli anni del secondo dopoguerra, quando la rivalità fra Bartali e Coppi assurse a simbolo dello scontro fra mondo cattolico e alterità laico-comunista, specialmente per la conclamata adesione politica del primo (terziario francescano tra l'altro, tanto da essere seppellito con un saio indosso) alla Dc di De Gasperi. Qualcuno, non a caso, ha addirittura parlato enfaticamente di un Bartali salvatore della patria in quel fatidico 1948 dell'attentato a Togliatti grazie alle sue imprese al Tour... Comunque, anche quel dualismo sarebbe stato per gli italiani segno di riscoperta della dialettica democratica. E il Giro accompagnò, ricominciando nel 1946 in mezzo alle macerie, la ricostruzione dell'Italia e poi il suo passaggio da paese agricolo e paese industriale. Quando la grande trasformazione giunse a compimento, il ciclismo, quasi fosse legato a un mondo arcaico, contadino in via di estinzione, imboccò la via della decadenza. E anche il libro di Marchesini, consapevole di questa evidenza, inizia a diventare più arido di notizie, gustosi aneddoti (anche solo spiccatamente ciclistici o di costume). Meno partecipe. L'unica debolezza di questo libro gradevole sia per gli storici sia per gli sportivi è forse quella di avere un titolo troppo ampio per il periodo storico che è poi in fin dei conti trattato con vero scavo, anche se questa impostazione è ben giustificata dalle premesse e dalle riflessioni conclusive dell'autore. Da segnalare che questa seconda edizione integra la precedente in varie parti: notevole soprattutto l'inserzione di un lucido (sebbene per scelta stringato: si fa storia del costume, non della chimica) capitolo sul fenomeno doping. Un ampliamento direi dovuto tenuto conto del fatto che, purtroppo, dall'epoca Pantani, un buon farmacista è in grado di segnare una corsa in modo più selettivo e marcato di un vero campione. Lancio un'idea a Marchesini: si potrebbe partire di qui per stendere un ulteriore libro che faccia il parallelo tra l'Italia degli scandali irrisolti, coi suoi solerti politici-tangentisti ancora aderenti ai loro seggi tra un'udienza e l'altra (naturalmente tutti processi per accuse infondate) e i dopati conclamati (poi, conclamati magari era davvero lo shampoo ad alterare i valori...) ancora in sella o in mezzo agli onori delle cronache. Non c'è nulla da fare: il ciclismo continua a dipingere la nostra Italietta come nessuno sport mai (Luca Battisti). Oltre trecento pagine per tutti gli amanti della storia e di questo appassionante sport. Pubblicato nel 1996 ed edito da “Il Mulino” costa 12 euro.

Continua a leggere...

sabato 25 luglio 2009

Tour, cerotti e voglia di ritiro. 60 anni fa l'impresa di Coppi

Vi riportiamo un articolo di Gianni Mura apparso sul quotidiano "La Repubblica" venerdì 24 luglio 2009, giorno in cui Alberto Contador, vincendo la crono ad Annecy ha messo una seria ipoteca sulla vittoria del 96° Tour De France.

Un flash di sessant' anni fa: il 24 luglio Fausto Coppi, mazzo di gladioli nella mano destra, cerotto sotto il ginocchio sinistro, fa il giro d' onore al Parco dei Principi. Gli corre accanto a piedi il massaggiatore Giannetto Cimurri. L' accoppiata GiroTour, che molti giudicavano impossibile, riesce a Coppi nel ' 49. Ha vinto il Giro con 23' su Bartali, ha esaltato i tifosi nella tappa tra Cuneo e Pinerolo, ma Bartali ha dominato il Tour del ' 48. Il ct Alfredo Binda riunisce i due rivali in Riviera, al tavolo di un ristorante, per quello che sarà chiamato il patto di Chiavari: Gino e Fausto non devono correre da nemici, sarà la strada a decidere. La strada sembra ostile a Coppi. In una delle prime tappe, al nord, tra Rouen e St. Malò, è coinvolto in una caduta con la maglia gialla Marinelli, un italiano di Francia, che riparte subito. Coppi non si fa male, ma la bici è rotta, l' ammiraglia di Binda è avanti per il rifornimento e sulla seconda auto c' è solo la bici di scorta di Ricci, non adatta alle gambe di Coppi. Che si siede sul bordo del marciapiede e aspetta. Matura propositi di ritiro. Binda arriva in moto, la bici di Coppi sottobraccio: «Allez, Fausto, si riparte». «No, voglio andare a casa, ormai il Tour è perso». «Non se ne parla nemmeno». «Ma anche lei, Binda, si è ritirato dal Tour». «Sì, ma me ne sono pentito tutta la vita. Allez». Si fermano i gregari, Martini, Pezzi, anche Bartali si ferma e lo incita. Sul traguardo Coppi e gli altri italiani hanno venti minuti di ritardo, trentasei in totale per Coppi. La crisi psicologica dura poco. Due giorni dopo Coppi vince la cronometro (92 km)a La Rochelle. Guadagna altri minuti sui Pirenei, dove Magni conquista la maglia gialla. Coppi e Bartali, alleati e non nemici, fanno il vuoto nella CannesBriançon, Coppi lascia la vittoria (e relativa maglia gialla) a Bartali, nel giorno dei suoi 35 anni. L' indomani, il patto di Chiavariè infranto non dai due corridori ma dal vice di Binda, Tragella, che nel resto dell' anno è ds della Bianchi, cioè di Coppi. A Guillestre, ai piedi dell' Izoard, vedendo arrivare Bartali si nasconde in un vicolo e non gli passa il sacchetto del rifornimento. Bartali comincia ad avere fame, poi fora. Coppi, che lo aveva raggiunto, rallenta per aspettarlo, Binda gli manda a dire di tirare dritto, possono sempre tornare sotto i francesi (in verità, Robic è a 10' ). Coppi arriva ad Aosta con 5' su Bartali, la maglia gialla è sua. Bartali è risentito, ma non Coppi, che comunque ha a sua disposizione una crono di 103 km tra Colmar e Nancy, che vince con 7' su Bartali. Gli unici problemi, semmai, sono legati al comportamento del pubblico. Nella tappa di Aosta, gruppi fascisti avevano inscenato manifestazioni non solo verbali antifrancesi. Ritorsioni inevitabili: una bottiglia di vetro passa a poca distanza dalla testa di Coppi nella cronometro, un poliziotto in moto blocca un esaltato che cerca di mettergli, letteralmente, un bastone tra le ruote. Pezzi chiude piangendo per una sassata che gli ha gonfiato un piede. A Parigi, Coppi chiude con 10' 55" su Bartali, 25' 13" su Marinelli, 34' 28" su Robic, 42' 10" su Magni, sesto. Partiti 120, arrivati 55 tra cui tutti e dodici gli italiani. L' Italia vince la classifica a squadre, Coppi quella degli scalatori. Media sui 4.808 km: 32,119.

Continua a leggere...

giovedì 9 luglio 2009

"Coppi e il diavolo"

Il volume segue le tappe della carriera del Campionissimo con grande realismo e la cronaca dell'ambiente sportivo è fedele come può esserlo la testimonianza di un critico che in quegli anni era già in pista. Il testo di Gianni Brera racconta quello che si nasconde dietro la facciata: i retroscena della vita di un uomo con le sue debolezze, le sue gioie, i suoi errori, che ha scelto il duro mestiere di pedalare per vincere il diavolo che segue ognuno di noi e che per Coppi è stato dapprima la bicicletta, poi Bartali, poi l'amore passionale e distruttivo per la "Dama Bianca", infine la malaria mortale. Il libro ha fatto di Coppi, personaggio romanzesco per natura, un vero personaggio da romanzo epico. La prima edizione è datata 1981, ristampato anche a febbraio 2008, il prezzo è di 12 euro, edito dalla Baldini Castoldi Dalai, 155 pagine da leggere tutte d’un fiato.

Continua a leggere...

giovedì 2 luglio 2009

CANTAGIRO: "Diavolo rosso"

Giovanni Gerbi fu un ciclista astigiano che corse a cavallo tra l’800 e il 900 (1885-1955) soprannominato “Diavolo Rosso”, fu uno dei pionieri del ciclismo. La leggenda narra che il nome gli venne affibiato quando, durante una fuga, capitò nel bel mezzo di una processione. Il parroco, vedendo questo “diau” (diavolo in piemontese) vestito con la sua tradizionale maglia da corsa di colore rosso, lo investì con questo epiteto. Agli inizi del secolo (nel 1902) Gerbi vinse la Milano-Torino con quasi mezz'ora sul secondo. Raccontano le cronache che, quando il corridore giunse sul rettilineo finale di Corso Casale, mancava ancora lo striscione del traguardo. Molti anni più tardi, un altro celebre astigiano Paolo Conte gli dedicò questa canzone proprio dal titolo “Diavolo rosso” contenente nel suo album “Appunti di viaggio” datata 1982. Proprio ad Asti è nata un'associazione no profit denominata "Diavolo rosso".

Continua a leggere...

lunedì 29 giugno 2009

Pippo Pozzato: uno spint tricolore!


IMOLA (Bologna), 28 giugno 2009 - Filippo Pozzato, 27 anni, è il nuovo campione italiano dei professionisti. Il vicentino ha battuto allo sprint Damiano Cunego e Luca Paolini nella cornice dell'autodromo "Enzo e Dino Ferrari" di Imola. Per il leader della Katyusha, già due volte secondo nel tricolore, si tratta di un dolce riscatto: chiusa al terzo posto l'edizione 2008, vinta da Simeoni, in questa stagione ha raccolto un secondo posto nella Parigi-Roubaix dietro Tom Boonen, solo piazzamenti al Giro d'Italia e due successi al Gp Harelbeke e una tappa alla Tre Giorni di La Panne. In carriera Pozzato ha conquistato anche una Milano-Sanremo, nel 2006.

LA CRONACA — Qualche chilometro dopo il via parte una prima fuga. Il gruppetto resta in avanscoperta per circa duecento chilometri dei quasi duecentosessanta previsti dalla gara. A poco meno di 50 chilometri dal traguardo il gruppo era di nuovo compatto sul tracciato imolese, che comprendeva un tratto in linea e un circuito di 15,3 chilometri da ripetere per ben undici volte. Ai meno 40 chilometri un gruppo di otto corridori guadagna una ventina di secondi su un gruppo che si va via assottigliando . Tra gli inseguitori il primo a rompere gli indugi è Vincenzo Nibali. Il siciliano parte ai meno 25 ma viene quasi subito ripreso. A pochi chilometri dall'arrivo ci sono sei corridori davanti e 11 all'inseguimento, ma a meno di due chilometri dal traguardo c'era il ricongiugimento. A questo punto via libera allo sprint che vede trionfare Pozzato, bravo a prepararsi la volata nonostante fosse senza squadra, su Cunego e Paolini.

I COMMENTI — "È stata molto dura - il primo commento del neo campione italiano -. Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine". Per lui i complimenti del c.t. Franco Ballerini: "Merita la maglia tricolore, che gli darà motivazioni in più per il prossimo Tour de France. È una vittoria che premia un ragazzo estremamente professionale". "I miei uomini hanno cercato di aiutarmi ma all'arrivo di oggi c'era gente più veloce di me" – è stato l’amaro commento di Damiano Cunego ai microfoni della Rai -. "E' l'ennesimo secondo posto che brucia un po' ". Già vicecampione del mondo lo scorso anno a Varese dietro ad Alessandro Ballan.

Continua a leggere...